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San Donnino a Fidenza: storia della festa più bella che c’è

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San Donnino a Fidenza: storia della festa più bella che c’è


Fidenza è una ridente cittadina in provincia di Parma. Un tempo veniva chiamata Borgo San Donnino, in onore del santo senza testa che le fa da patrono. Il Borgo è la parte più antica della città, il centro, il vero cuore pulsante di Fidenza. Il paese porta in seno una lunga ferita cicatrizzata, la via Emilia, che la divide in due parti quasi uguali. Ho sempre pensato che se fosse stata un fiume e non una strada congestionata, avrebbe reso il tutto più attraente.

In realtà, uno specchietto d’acqua ce l’abbiamo anche noi: poco più in là, infatti, si trova lo Stirone, un piccolo torrente troppo asciutto d’estate e troppo bagnato (nel senso umido del termine) d’inverno, che essenzialmente non serve più a nulla se non alle terme di Salsomaggiore per scaricare residui che puzzano di uovo marcio, alla gente comune per andare a piedi fino a San Nicomede o a qualche ribelle per combinare qualche marachella che rompa un po’ la noia.

Tra le mura fidentine c’è tutto ciò che serve per vivere e morire in pace. Un cimitero. Un voltone che passa sotto una stazione dei treni. Una piazza con fontana, municipio e obelisco consacrato a Garibaldi. Un Duomo sulla via Francigena. Un mercato tutti i mercoledì e sabato mattina. Uno spiazzo con scavi romani poco interessanti. Due vie principali che suddividono il centro in due parti, con piccoli negozi, banche, farmacie e dottori. Un bingo. Un teatro. I Frati e altre chiese e altri oratori. Un ospedale. Un campo sportivo dedicato a Ballotta, un palazzetto dello sport, una piscina coperta e una scoperta.  4 asili e altrettante scuole elementari, le medie, 3 licei e diversi istituti professionali. La zona industriale e quella artigianale. I cinesi, la Coop, lo Shopping Park, i McDonalds e i Conad. Tutto il resto è costituito da un gran numero di rotonde, case, ville, condomini, bar, parchi per i cani e per i cittadini e campi pianeggianti.

Chi l’ha mai sentita nominare, la conosce forse per uno o tutti tra i seguenti motivi:

  • C’è l’outlet Fidenza Village.

  • C’è nato Gene Gnocchi.

  • C’hanno tutti la R moscia.

Per il restante 99% del mondo, Fidenza non esiste ma al fidentino questo non importa.

Al fidentino vero interessa solo una cosa: che ogni anno arrivi presto il 9 ottobre, perché c’è la Gran Fiera di Borgo San Donnino!

Se pensi che sia la solita festa del patrono, ti sbagli di grosso. Noi veneriamo un santo pur non essendo cattolici. Noi riempiamo una città di vita quando per tutto il resto dell’anno è morta. Noi ci conosciamo tutti pur girandoci dall’altra parte negli altri giorni. Noi perdiamo la testa pur avendocela ben salda sul collo.

 

Breve storia del santo senza testa

Per comprendere San Donnino devi conoscere a grandi linee la sua storia. Egli visse intorno al 300 d.c. Non era un borghigiano ma divenne IL BorghigianoNumber one. Era un soldato romano e venne decapitato in cima ad un ponte romano sul torrente Stirone, perché si era messo contro l’imperatore romano Massimiliano a cui non piacevano i cristiani. E Donnino si era appena appena convertito. Miracoloso fu il gesto che fece Donnino una volta persa la testa. La raccolse da terra e camminò, morendo qualche metro più in là, accasciandosi nell’esatto punto ove ora sorge la Cattedrale. Le ossa sono ancora là, nella cripta, a ricordarci questa storia fra leggenda e realtà. Lo spirito di San Donnino protesse Fidenza negli anni a venire. Un giorno, dei pellegrini sulla via Francigena passavano per quello stesso ponte dove egli perse la testa. Il ponte crollò ma i pellegrini ne uscirono illesi. Tragedia sfiorata. In più, durante la seconda guerra mondiale, Fidenza venne praticamente rasa al suolo. Intatto rimase il Duomo, nonostante l’adiacente palazzo vescovile fu completamente distrutto, insieme alla scomparsa chiesa Oriola, di cui rimane un ricordo su una parete vicino alla cattedrale: la statua della Madonna, unica sopravvissuta.

 

9 ottobre

Il 9 ottobre di ogni anno la città si riempie di bancarelle e mostre, si organizzano eventi e manifestazioni, in onore del miracoloso santo nostro protettore.

Le celebrazioni prevedono che i fidentini veri debbano perdere la testa per commemorarlo. E quale modo migliore se non con cibo, vino e momenti di convivialità? Gli amici escono per pranzo e per cena, mangiando rigorosamente il vero re di questa festa: sua eccellenza eminenza reverendissima ed eminentissima, sua altezza reale serenissima, sig. Anolino!

 

L’anolino


L’anolino nuota nel brodo di manzo e cappone e allieta i palati dei fidentini per tutto il periodo invernale. E’ un cappelletto ripieno di parmigiano reggiano. I veri borghigiani lo innaffiano persino col vino rosso. Glielo buttano proprio dentro. E se lo scolano nella pancia. L’anolino richiede una preparazione fatta in casa, seguendo le regole rigide della tradizione, della nonna.

 

Come mangiare gli anolini a San Donnino in 17 mosse

  1. Mettiti comodo.

  2. Spezza la fame con un antipasto di salumi, torta fritta e sottaceti.

  3. Aspetta che l’anolino galleggi in pentola.

  4. Attendi la Signora che con il mestolo te li versa nel piatto.

  5. Cospargici sopra del parmigiano grattugiato.

  6. Afferra il cucchiaio e prendi un anolino e un pochino di brodaglia.

  7. Soffiaci su.

  8. Infila l’anolino in bocca.

  9. Mordi.

  10. Senti la sensazione della pasta esterna al dente.

  11. Mastica.

  12. Assapora quel magico ripieno che ti si scioglie in bocca.

  13. Manda giù.

  14. Sorseggia il brodo.

  15. Godi.

  16. Sorseggia del vino rosso tra una boccata e l’altra.

  17. Inizia a sentire la sensazione della pancia piena, cucchiaio dopo cucchiaio.

 

Giù di testa

Ecco, a questo punto dovresti iniziare a dar giù di testa , a perdere ogni facoltà mentale. È un po’ come se continuassi a sentire appetito anche a stomaco pieno.  Questo si verifica perché il cervello è viziato da quel gusto paradisiaco. E allora mangi mangi mangi bevi bevi mangi bevi mangi mangi mangi bevi bevi bevi. Ed è già tempo del secondo, del caffè e dell’amaro, se ce la fai. E ce la fai. Perché stai troppo bene.

Poi si va in giostra, se vuoi vomitare tutto, o in giro per le bancarelle, se vuoi cercare di digerire. Un giro ai baracconi ci sta sempre, anche perché i tappeti elastici, quelli volanti, la sala giochi, la casa degli specchi, quella coi mostri, il calc’in culo, gli aeroplanini, le gabbia volanti e l’autoscontro con la musica tanza hanno segnato la tua infanzia prima e la tua adolescenza poi. Ora al posto di quei momenti di goliardia si fa l’aperitivo e si passa la serata nei migliori bar della città, finendo così di spappolare ogni residuo di fegato rimasto. Ma poco importa perché c’è la festa del paese!